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"GIOVEDì DELLA CINETECA AL CANTERO" DI CHIAVARI


Giovedì 8 febbraio al Cinema Teatro Cantero di Chiavari (spettacoli ore 17:00 e ore 21:00 prezzo 3,50 Euro) verrà proiettato il film del regista francese Claude Chabrol "Un affarie de femme" con Isabelle Huppert. Questo film fa parte della sezione "France Cinema" nell'ambito della Rassegna dei "Giovedì della Cineteca".
E' un omaggio che noi dell'Associazione SenzaConfini insieme alla Cineteca DW Griffith facciamo alla Huppert in concomitanza con la Rassegna cinematografica dedicata alla grande attrice francese dal Museo del Cinema di Torino - iniziata lo scorso 6 dicembre e che si concluderà il 18 febbraio - di ben 25 film e corredata dall'imponente mostra fotografica "La donna dei ritratti".
"Un affarie de femme" racconta con gelida passione la vera storia di Marie Latour che, nella Francia occupata dai nazisti nel luglio del 1943, finì sulla ghigliottina per aver praticato aborti clandestini.
E' la storia vera di una donna, interpretata da una magnifica Isabelle Huppert, sfruttata e sfruttatrice di una società ipocrita e bigotta che, il governo di Vichy, a caccia di sentenze e condanne “esemplari” bisognoso di ricordare ai francesi e al mondo che una morale degradata non poteva essere tollerata, l'ha ghigliottinata il 30 luglio 1943.
Il maresciallo Pétain nel 1940 proclamava il ritorno dei valori tradizionali della famiglia, della patria e del lavoro, nel tentativo di far dimenticare la firma dell’armistizio con la Germania e il sostanziale asservimento a Hitler per conservare “una Francia dolente ma viva". Quello descritto da Chabrol è un microcosmo femminile autonomo e misero, favorito dalla guerra e dalla partenza degli uomini per il fronte. In questo ambiente singolare, tutto - dai golfini di lana rifatta agli interni operai alle suppellettili quotidiane - risulta di una verità severa e senza trucchi. Di fronte al deserto della guerra il mondo femminile sembra scoprire, d'un colpo, l'inettitudine in cui è stato mantenuto dalla cultura maschile. E tra porta e porta, vicina e vicina, si tendono ancora più forti le reti di una solidarietà che non ha nulla di ideale, ma ha a che fare solo con l'infelicità quotidiana e il desiderio di sopravvivenza. Marie ha il torto di non capire (o di neppure immaginare) la gravità della colpa. Ha anche il torto di non essere simpatica. Così, fortunatamente, l'hanno voluta regista e interprete.
Il primo aborto è per amicizia, il secondo per un pezzo di sapone, gli altri per un'altra casa, un vestito, un grammofono, una bottiglia in più con l'amante. La provincia con i suoi destini defilati dal centro della Storia; l'ipocrita morale corrente che coincide con gli interessi sociali dell'epoca; una donna comune travolta dal Potere e dalle sue regole cieche e spietate: apparentemente tutto Chabrol, i temi ricorrenti del suo cinema, si ritrovano nella stesura di Un affare di donne.
A partire dalla storia di Marie il regista avrebbe potuto costruire una vicenda semplice nella sua popolarità. Era sufficiente indulgere sulla inconsapevole innocenza di Marie, sull'ingiustizia palese di cui rimane vittima. Ma Marie non è una vittima e non è neppure innocente. Su questa scommessa narrativamente difficile, aiutato dal sottrarsi costante della recitazione di lsabelle Huppert, Chabrol costruisce l'intera originalità del proprio film, che riesce ad attraversare, senza retorica, i territori del film storico e quelli, ancor più scivolosi di un "fìlm di donne". Dato alla Mostra di Venezia del 1988, che premiò con la Coppa Volpi come migliore attrice la protagonista Isabelle Huppert. Claude Chabrol (1930 ) Regista e produttore. Figlio di un farmacista e musicologo, eroe della resistenza, nasce a Parigi ma cresce nella Creuse, nel piccolo villaggio di Sardent, da cui proviene la madre. Luogo magico per lui a 12 anni, già appassionato cinofilo, fonderà lì il primo cineclub del paese lavorandovi come proiezionista e dove, in seguito, sceglierà di ambientarvi il suo film d'esordio. Laureatosi in Lettere a Parigi, inizia a collaborare con le riviste specializzate in cinema 'Arts' e 'Cahiers du cinéma' di cui è un membro moderato che evita le polemiche.
Nel 1957 insieme ad Erc Rohmer pubblica il primo libro francese su Hitchcock, regista che insieme a Renoir e Lang è tra i suoi preferiti, del resto è appassionato di romanzi polizieschi. Quello stesso anno, avendo ricevuto un'eredità, decide di improvvisarsi produttore per "Le coup du berger" che ha sceneggiato insieme al regista Jacques Rivette ispirandosi al film italiano "Accadde al commissariato" di Giorgio Simonelli. Produce anche il primo lungometraggio di Godard e il suo primo film da regista che, nel 1958, inaugura di fatto la Nouvelle Vague, "Le beau Serge" ed ottiene il Pardo d'argento al festival di Locarno per la miglior regia. Tuttavia, la sua indipendenza critica e la sua autoironia lo mantengono al di sopra delle mode e la sua è una voce che rimane sempre fuori dal coro. Da allora ha diretto oltre cinquanta film fra i quali si ricordano "I cugini" (1959, Orso d'oro al festival di Berlino), "Donne facili" (Les Bonnes femmes, 1960, che resta il suo preferito), "Un affare di donne" (Une affaire de femmes, 1988), "Madame Bovary" (1991), "Il buio nella mente" (La Cérémonie, 1995). A partire dal 1978 con "Violette Nozière" Chabrol ha formato un sodalizio artistico con Isabelle Huppert che nei decenni ha dato vita a una serie di personaggi femminili - che definire inquietanti è poco - cui l'attrice ha fornito la capacità di mantenere un volto angelico nel compiere efferratezze, a volte fornite dalla cronaca, ma sempre riinventate dal regista in maniera credibile e coinvolgente.
" C'è una cosa che ritengo molto importante quando si gira un film e cioé di realizzare un'atmosfera di festa quotidiana sul set. E per questo che preferisco il momento delle riprese a tutte le altre fasi creative del mio lavoro. Io parto da un principio molto semplice ed è che non si è mai sicuri del successo di un film, dunque che senso ha creare un'atmosfera da incubo sul luogo di lavoro se poi magari il film sarà un fiasco?
Molto meglio divertirsi e creare un clima gioso tra la troupe e gli attori.(..) Io non guardo mai niente: non ho le mie vecchie sceneggiature, non conservo nessuno dei miei film in cassetta. Ho girato con Orson Welles 25 anni fa, ci siamo molto divertiti insieme e alla fine delle riprese mi ha scritto una lettera dove mi spiegava che era stato felice di lavorare con me, che aveva imparato molte cose (ma questo sono sicuro che l'aveva scritto per farmi piacere!) e che mi accordava il diritto di continuare a fare film! Mi ha lasciato un certificato "di buona condotta sul set". Sono molto fiero di questo." (...) Isabelle Ann Huppert (Parigi, 16 marzo 1953) Nata a Parigi, dopo aver frequentato per un breve periodo una scuola per modelle frequenta il conservatorio di Versailles. Decide poi, con l’appoggio dei genitori, di studiare recitazione. A 17 anni, ottiene una piccola parte in Faustine e qualche parte minore in televisione e al cinema.Nel 1977 raggiunge la notorietà e il consenso della critica con La merlettaia di Claude Goretta, interpretazione per la quale vince un César. Nel 1978 vince il premio come migliore attrice al festival di Cannes per Violette Nozière di Claude Chabrol con cui ha formato un sodalizio artistico che nei decenni ha dato vita a una serie di personaggi femminili - che definire inquietanti è poco - cui l'attrice ha fornito la capacità di mantenere un volto angelico nel compiere efferratezze, a volte fornite dalla cronaca, ma sempre riinventate dal regista in maniera credibile e coinvolgente. Recita ancora per Jean-Luc Godard, Maurice Pialat e Michel Deville fino al 1980, quando va a Hollywood per il film di Michael Cimino I cancelli del cielo, un flop al botteghino.
Ritorna a Parigi e riprende a lavorare per Tavernier (Colpo di spugna) e Deville (Acque profonde). Durante gli anni ’80 e ’90 la Huppert lavora con Chabrol (di cui diventerà l’attrice feticcio, dopo Un affare di donne, del 1988) e collabora anche all’estero (con i fratelli Taviani per Le affinità elettive) sin dagli inizi si è sempre distinta in ruoli ostici, quasi sempre da sofferente, con una particolare propensione per la malattia psichica. Il viso affilato, gli occhi freddi e lontani hanno contribuito a garantirle un’aura di mistero, oltre al rapporto preferenziale che ha con Claude Chabrol, a volte definito l’Hitchcock francese. Alla Huppert vengono proposti ruoli ambivalenti, ambigui: da una parte la normalità, perfettamente incarnata da un corpo e da un viso che non colpiscono immediatamente lo spettatore, e dall’altra l’orrore e la follia dei suoi personaggi.
I gesti controllati, lo sguardo trasparente, l’allure degli anni e dell’educazione ne hanno fatto un’icona, cosa che peraltro non le è molto gradita. In un’intervista a Liberation del 1997 ricordava, pur ammettendo di non avere una faccia comica, come non le avessero mai proposto un ruolo leggero. Ha vinto due volte il premio di migliore attrice al Festival di Cannes: nel 1978 per "Violette Nozière" di Claude Chabrol e nel 2001 per "La pianista" di Michael Haneke e due volte la Coppa Volpi al Festival di Venezia: nel 1988 per "Un affare di donne" e nel 1995 per "Il buio nella mente", entrambi diretti da Chabrol. " A Claude piace tutto di come sono e ama tutto quello che faccio e questoè bellissimo. Può immaginarmi in qualsiasi tipo di film, storico, in costume, o anche in una commedia. Forse ama il modo in cui io cerco di non idealizzare i personaggi, recitando non in modo freddo, ma in modo diretto, senza troppi fronzoli. Anche lui gira i suoi film con lo stesso stile, romanzesco ma allo stesso tempo molto umanista.(...) Se non c'è un personaggio problematico rischia di non esserci la materia per fare un film. Certo si possono fare film su personaggi che risolvono i loro problemi con più facilità di quelli che io interpreto, ma credo che siano meno interessanti. Il cinema è l'arte più in grado di raccontare la verità di una storia, di tutte le sfumature e le ambiguità del destino di un essere umano.
Poi siamo tutti affascinati dalle ambiguità e dai mostri. Li cerchiamo quando leggiamo i fatti di cronaca. L'arte, la letteratura, il cinema esistono proprio per raccontare l'ambiguità umana, il normale che diventa straordinario nel bene o nel male. Tutti abbiamo dei mostri che ci entrano dentro, e poi alcuni escono mentre quelli che pensano che la vita sia un compromesso riescono a tenerseli dentro.(...)




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Ultimo aggiornamento: 04-02-2013 17:30:45